Persinsala.it | Creative Commons License (By Sa) Amore & altri rimedi Amore & altri rimedi (romantica traduzione dell’originale Love & other drugs) è il
nuovo film di Edward Zwick, già regista di Defiance, Blood Diamond e L’ultimo samurai.
Questo soggetto rappresenta, per il regista americano, una sorta di ritorno alle origini, che nella fattispecie strizza l’occhio alle atmosfere del suo esordio con A proposito della notte scorsa: infatti il suo ultimo lungometraggio è facilmente riconducibile allo stereotipo della romantic-comedy. Obiettare a tale etichettatura risulta sinceramente difficile: Jake Gyllenhaal e Anne Hathaway, grazie a una più che discreta intesa, danno vita a due personaggi – rispettivamente Jamie Randall e Maggie Murdock – che cercano di amarsi, ma divisi tra il loro impulsivo stare insieme e i loro caratteri e le loro paure. Un mix cje si rivela capace di rendere i nostri protagonisti reticenti ad affrontare tutte le complesse dinamiche di una relazione stabile.
La storia si svolge a partire dal 1996 e presenta Jamie, giovane carismatico, all’inizio della suaascesa nel mercato della vendita farmaceutica: il successo e l’affermazione arriveranno con lapromozione del Viagra, allora appena uscito sul mercato. Intanto Jamie impegna la propria vitasentimentale tra vari rapporti occasionali con varie donne, tutti unicamente incentrati sul sesso enulla di più. Questa situazione termina quando incontra Maggie Murdock, una giovane artistaprecocemente afflitta dal morbo di Parkinson di primo grado. Nonostante entrambi i giovanicerchino di mantenere la loro relazione sui binari soliti del sesso occasionale ed impersonale, i due sitroveranno ad innamorarsi e a dover provare a fidarsi uno dell’altro. Superando le difficoltàreciproche insieme decideranno, dopo una crisi che li separa per un breve tempo, di condividereassieme la vita che li aspetta.
Tratto dal romanzo autobiografico di un informatore scientifico che ha dovuto il suo successo alprosperare del Viagra, il film affianca alla storia d’amore tra i due protagonisti il clima di entusiasmorampante della seconda metà degli anni ’90, quando fu permesso in America di fare pubblicità aimedicinali come a qualsiasi altro prodotto in commercio.
Jamie, modellato appunto sull’autore del romanzo in questione, è la rappresentazione tipicizzata diquesti nuovi Yuppies, circondati da soldi, fama e donne, lanciati a tutta forza sulla strada dellacarriera in ascesa. Per il nostro, però, è in agguato l’Amore, che lo aiuterà ad uscire dalla canonicitàdel suo lavoro e a crescere come uomo, portandolo ad assumersi delle responsabilità che glicambieranno radicalmente il futuro. In questo contesto va intrepretata la tormentata scelta di averecome compagna di vita una donna malata per la quale l’unica prospettiva davvero realistica è uncostante peggioramento.
La malattia di Maggie non è solo, in termini di sceneggiatura, un pretesto per far sì che le realtà deidue giovani si scontrino e possa quindi sbocciare l’amore: molto più importante è la chiave per lacrescita dei due personaggi principali, crescita che li farà scontrare con contraddizioni e difficoltàintrinseche a quella fine di Secondo Millennio che, quindi, Zwick si può prodigare nel riprodurre,seppur con i toni soffici della romantic-comedy: clientelarismi, concorrenza spietata e violenta,
manipolazione delle informazioni e conseguenti tentativi di contro-informazione, deficit del sistemasanitario, povertà. Sono tutte realtà con cui Jamie, pecora nera (per via del suo carattere abulico) diuna famiglia benestante, viene a contatto, entrando nel dorato mondo del capitalismo dell’industriafarmaceutica e con cui Maggie deve continuamente confrontarsi. Tuttavia i mali della societàrestano meno definiti rispetto al caso particolare della coppia di giovani protagonisti: qui il conflittovede da una parte l’Amore, quello con la “a” maiuscola, fronteggiare da solo le difficoltà, le tristezzee le paure derivanti da quel mondo aggressivo, discriminante ed opportunista di cui prima. Neanchea dirlo, vincerà l’Amore e porterà i due giovani a capirsi, loro stessi e l’un l’altro, e a trovarsi perpoter vivere insieme, nonostante tutto.
“Nonostante tutto”. Forse l’effetto finale di questa storia è artificioso? Forzato? Certo è che, un po’per i toni marcatamente patetici, un po’ per quel cinismo di fondo che s’impossessa del nostrocervello praticamente ogni volta che, dagli anni ’60 in poi, assistiamo ad un happy ending, ci vieneda pensare che la facilità con cui in neanche due ore di finzione cinematografica si prendanodecisioni lucide, che cambieranno la vita in tutti gli anni a venire, sia una facilità (e una conseguentefelicità) irreale.
Distante e anche tremendamente ipocrita. Pregi (la possibilità di fare queste scelte in così pocotempo e con tale sicurezza) e difetti (la scarsa credibilità) già più che celebri della narrazione,soprattutto di quella su pellicola. Ma è giusto screditare un film per la soluzione diegetica chepropone? Seppur lecito non ci sentiamo di dire che sia completamente corretto: anzi così facendo ilrischio è di incappare in una goffa confusione tra giudizio di gusto e giudizio di merito. E del meritoa Zwick va dato, che in effetti, nei limiti di un film di genere (e di gender, un universo fallocentrico adire poco, grazie anche al personaggio arrabbiato, sconsolato, distrutto ed intestardito dalla malattiadella Hathaway), ha costruito un meccanismo ben oliato. Un film godibile e non particolarmentenoioso, nonostante forse una durata un po’ eccessiva (112 minuti): ma la fotografia nitida e l’intesatra i due attori principali aiutano il regista a non far sentire troppo il peso delle lancette, checomunque, ripetiamo, non sembra direttamente proporzionale rispetto alla “posta in gioco” dellasceneggiatura. La Hathaway è bellissima e appare molto “presa”, Gyllenhaal prova a fornire sempreuna prova più che decente, ma lo si gode di sola “pancia” e pare non avere il carisma necessario perpoter essere davvero una star. Peccato. Il resto del cast è ben scelto (simpatico il personaggio diJosh, fratello di Jamie, interpretato da Josh Rad) e non stona, pur non brillando.
A film come questi servirebbe un po’ di viagra cinematografico, forse: osare qualcosa in più di unParkinson presente, ma mai dominante, o di un pullman di vecchietti diretto in Canada per poteracquistare medicinali a prezzi abbordabili. D’altra parte si uscirebbe, salvo camminando su elevati esottilissimi fili, dal genere – punto di riferimento, avventurandosi in contesti dalle oscure possibilitàdi guadagno. Che per un film a “più che discreto” budget suona come un’esecuzione. Che poi, allafine, a pancia piena, possiamo anche dirlo: pure così, tutto sommato, si può pensare di averscampato lo scempio di budget. Pregi dell’aurea mediocritas. Titolo originale: Love & other drugs Regista: Edward Zwick Sceneggiatura: Charles Randolph, Edward Zwick, Marshall Herskovitz Attori principali: Anne Hathaway, Jake Gyllenhaal, Oliver Platt, Hank Azaria, Josh Gad, Gabriel Macht, Judy Greer, George Segal, Jill Clayburgh, Kate Jennings Grant, Katheryn Winnick, Jamie Alexander, Nikki Deloach, Jean Zarzour Fotografia: Steven Fierberg Montaggio: Steven Rosenblum Musiche: James Newton Howard Genere: Commedia, Sentimentale Durata: 112′
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