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Bicamerale sul ciclo dei rifiuti: L’allegra
scampagnata dei signori Commissari

Probabilmente gli autorevoli membri della Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti, nel superare le colonne d’ercole di Eboli, si aspettavano di trovare all’altezza di Sicignano dei picciotti con la coppola e la lupara. Attonito ho assistito alla rappresentazione di tutto ciò che non dovrebbe fare una commissione d’inchiesta. L’impressione finale è quella di un copione già scritto che dovrà ratificare l’immagine dell’isola felice. In Basilicata per definizione non succede mai niente, e anche quando qualcosa succede si fa presto a cancellarne le tracce e a tentare di farne perdere memoria. Provate ad immaginarvi su un ring. Il vostro avversario vi sovrasta per peso e forza fisica. Nonostante tutto siete riusciti a portare il match alla quindicesima ripresa. Siete feriti, ammaccati, ma, diamine, ancora in piedi e con la voglia di non mollare. La campanella suona il gong. Ancora tre maledetti minuti ed è a quel punto che vi accorgete che anche l’arbitro ha iniziato a lavorarvi ai fianchi. Mercoledì 14 marzo, a coronamento di una missione durata due giorni, la delegazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti tiene una conferenza stampa in territorio neutrale. La sede scelta è il “Palazzo del Governo” in piazza Mario Pagano, residenza del Prefetto di Potenza. Entro senza pregiudizi, ma con grande sorpresa ascolto i Commissari che descrivono uno scenario lontano anni luce dalla realtà. Ad un certo punto ho quasi l’impressione che siano venuti a gettare acqua sul fuoco. C’è chi tesse le lodi dell’incenerimento e chi ci racconta che le attività petrolifere sono sicure. La sera prima, ai microfoni del Tgr, l’on. Lorenzo Piccioni da Vercelli attribuisce il mancato decollo della raccolta differenziata a un dato culturale. Già, avrei voluto rispondergli, la stessa “cultura” che ritroviamo nel processo Bassolino-Impregilo. Al termine della conferenza stampa avrei voluto ringraziarli e dirgli: “signori, avete confermato che in Italia le Commissioni d’inchiesta si fanno per seppellire la verità e non per farla emergere”. Rare le eccezioni e tra queste la relazione di assoluta minoranza redatta dal deputato radicale Leonardo Sciascia sul “Caso Moro”. Maurizio Bolognetti Direzione Radicali Italiani e Segretario di Radicali Lucani. Ma Sciascia aveva un difetto, oltre ad elencare fatti descriveva un contesto con tutti i suoi addentellati. La sgradevole impressione è che i signori commissari si siano comportati da burocrati di regime. Se De Luca, Negri e Piccioni, arrivando nella “Basilicata Saudita” si aspettavano di trovare gli scenari di Gomorra, hanno sbagliato treno: avrebbero dovuto prendere un intercity per Casal di Principe. Viene da sorridere a rileggere quanto scriveva nel 2000 l’on. Ermanno Iacobellis a chiusura dei lavori che la Commissione Bicamerale aveva dedicato alla Lucania Fenix: “La Regione Basilicata ha in avanzato stato di elaborazione il nuovo piano regionale di gestione rifiuti”. A distanza di undici anni, il piano licenziato nel 2001 è rimasto lettera morta compresa la parte che prevedeva l’attuazione dell’anagrafe dei siti da bonificare, prevista nel 1997 dal cosiddetto “Decreto Ronchi”. Ecomafie in Basilicata? Certo, non ne escludiamo la presenza, anzi. Lo stesso rapporto ecomafie redatto da Legambiente nel 2010, se letto con attenzione e senza barare sull’interpretazione dei dati, racconta molto. La Basilicata per caratteristiche morfologiche e densità abitativa è il territorio ideale per lo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi. A Tricarico e a Carpineto di Lauria di recente è emerso che in discariche di Rsu sono stati smaltiti rifiuti pericolosi. Mi limito ad osservare che da 15 anni la gestione del ciclo dei rifiuti made in Basilicata viaggia sul binario discarica-inceneritori e che troppe sono le commistioni tra pubblici amministratori e gestori della monnezza. Soprattutto, la gestione del ciclo dei rifiuti è diventata fertile terreno per esercitare la clientela partitocratica. Ai signori Commissari che a mio avviso hanno espresso un’idea un pochino romantica delle eco-mafie, gioverà ricordare quanto scritto dal procuratore Piero Grasso sul fenomeno: “Accanto agli esponenti di famiglie mafiose il mondo dei rifiuti si è andato popolando sempre più di una varietà di soggetti che, nella gran parte dei casi, non ha un precedente criminale, ma si collega con i criminali. In generale si tratta di imprese legali, rispettabili uomini d’affari, funzionari pubblici, operatori del settore rifiuti, mediatori, faccendieri, tecnici di laboratorio, imprenditori del settore dei trasporti. Tutti questi soggetti sono inseriti nei gangli essenziali del mercato legale, ma iniziano a fare dell’illegalità, della simulazione, dell’evasione sistematica di qualsiasi regola e della corruzione, le norme ispiratrici della propria condotta." Ripeto, il “Caso Napoli” insegna e occorre riflettere sui meccanismi che vanno a strutturarsi intorno alle sedicenti emergenze. Come è potuto accadere che in una regione di meno di 600.000 abitanti non si sia stati capaci di far decollare una gestione che assecondasse la gerarchia dei rifiuti codificata in direttive Ue fin dal 2006? Come è potuto accadere e perché? Perché in una città come Potenza, che ha meno abitanti del quartiere Arenella di Napoli, non si riesce a smaltire la monnezza? E qualche domanda sulle ordinanze emergenziali, la vogliamo fare? A fine gennaio, per affrontare l’ennesima “emergenza”, la Provincia di Potenza ha ordinato lo smaltimento “tal quale” della monnezza del bacino Potenza centro presso gli impianti della EDF. Si, avete capito bene, proprio presso gli impianti Fenice, che per oltre 10 anni hanno inquinato le falde acquifere grazie alla connivenza di chi avrebbe dovuto controllare. No, non ho raccontato uno scenario da Gomorra, ma ho provato a descrivere un contesto riportando fatti documentati. Ho raccontato un capitolo de “La Peste Italiana”. Ho raccontato L’Italia “Stato canaglia” in materia di tutela ambientale e di tutela della salute. Ho parlato della “Strage di legalità che ha per inevitabile corollario, nella storia, la strage di popoli”. Ho provato a raccontare i veleni industriali e politici della Lucania Fenix, figli di una realtà che nega legalità democrazia, stato di diritto e diritto alla conoscenza. Ho provato a descrivere l’impatto che le estrazioni petrolifere stanno avendo nella Valle dell’Agip e magari ho evocato un nome che pure qualcosa ha significato nella storia d’Italia: Eugenio Cefis. Gli autorevoli membri della Commissione hanno pronunciato parole che ormai quasi nessunoha più il coraggio di adoperare in Basilicata. Non mi è piaciuto, on. Piccioni, aver sentito ancora una volta la parola “allarmismo”. Troppe volte questa parola è diventata manganello nelle mani dei mazzieri di regime quando abbiamo denunciato il “caso Fenice” o quando abbiamo raccontato, in audio e in video, gli effetti collaterali delle attività estrattive e non solo quelli. Da una Commissione d’inchiesta mi aspetto che cerchi la verità e non che assurga al ruolo di pompiere. Capisco che la Basilicata dell’Eni, della Total, della Shell, di Tecnoparco, della Edf e dell’Itrec sia una regione strategica per il paese, ma almeno la si smetta di vederci perline e specchietti. Non ci sono più i “terroni” di una volta, quelli che guardando le patinate pagine dell’Eni pensavano di essere precipitati in un mondo fiabesco. Prendete atto ed evitiamo, almeno, di aggiungere al danno la beffa.

Source: http://www.viggianolab.it/userfiles/Maurizio%20Bolognetti.pdf

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