Viaggio sul territorio del consorzio atesino di bonifica

Viaggio sul territorio del Consorzio Atesino di Bonifica.
Floriano Menapace

Introduzione (*)

Per chi si prepara ad un viaggio attraverso il territorio gestito dal Consorzio di Bonifica, la
cosiddetta III sezione del regolamento dell’Adige (1), partendo da nord, fino all’estrema punta sud
di Borgo Sacco, nei pressi di Rovereto, si pone subito il pensiero di com’era il territorio
anteriormente ai grandi e definitivi interventi di regolazione, succedutisi dai primi anni del
Diciannovesimo secolo, fino ai giorni nostri.
La Valle dell’Adige, “lungo corridoio vallivo” come la ricorda il geografo Eugenio Turri (2),
percorsa ora da un fiume che è privato della sua maestosa lentezza, della sua immutabile forza, per
essere ricondotto in forti argini che permettono di limitare inondazioni, di governare gli impetuosi
affluenti, di guadagnare all’economia agricola di fondovalle ricchi terreni, di aumentare i commerci
con nuove arterie di comunicazione, dall’antico tracciato della Claudia Augusta, che riuniva i suoi
rami proprio a Trento, alla ferrovia tra Verona e il Brennero, all’autostrada A 22, ed, infine, di
rendere sempre più efficienti i trasporti. Corridoio dove il fiume perde la sua antica e strategica
valenza, per scomparire, quasi esorcizzato, in un intreccio di cemento e ferro, spettatore
dell’incessante scambio di persone e merci tra nord e sud, in un’epoca che pretende un’esponenziale
accelerazione dei propri ritmi.
Inondazioni e paludi
Le cronache riferiscono il ripetersi continuo di disastrose inondazioni, specialmente quelle del 1492,
del 1547, del 1711, 1756, 1757, 1798 e la presenza di paludi infide, malariche, di immensi meandri
che creavano ischie di varie dimensioni dette, di volta in volta ischiei, ischiette in base alla loro
grandezza, mase, luoghi di macerazione, moie, moiet, busi, piccoli specchi nella vegetazione, palù,
moser, loppio, zone acquitrinose di considerevoli dimensioni poco profonde, rimoni, canali naturali
di collegamento tra il fiume e la palude, o tra meandri e ischie, poneva il problema di arginatura e
bonifica dei territori di fondovalle (3). Tra i molti tentativi è solo nel 1774, con il rilievo De
Leporini, che si studia un piano concreto per la regimentazione dell’Adige. Un vero e proprio
progetto esecutivo è redatto nel 1825 dal maggiore del genio Novak, ma non è subito attuato. Lavori
di arginatura e rettifica dell’Adige e dei suoi affluenti sono approntati, specialmente nella zona di
Trento dal 1814 al 1836. Le alluvioni nel frattempo si susseguono: nel 1823, 1845, 1868, appena
finito il tronco ferroviario Trento Bolzano della Imperial Regia Privilegiata Società delle Strade
Ferrate
(4). Un’altra è del 1879, seguita da quella del 1882, disastrosa, che blocca il fondovalle per
molti mesi e poi quella del 1885 e, poco dopo, quelle succedutesi annualmente tra il 1888 e il 1894,
ostacolando non poco i lavori di bonifica.
Come previsto da una apposita legge provinciale del 23 aprile 1879, che definisce e finanzia con
2.000.000 di fiorini le opere di sistemazione del fiume Adige e del suo bacino, si iniziano subito i
lavori di “regolarizzazione del fiume”, con serre, “rassodamento delle frane”, “migliorie delle fosse
di scolo”, ponendosi il termine degli interventi al 1888 nonostante la serie di disastrose inondazioni,
che non solo rallentano i lavori, ma ne fanno lievitare i costi. Si iniziano, in ogni caso, i tagli di
Nave San Rocco, Ischia Wolkenstein e Briamasco. Parallelamente ci sono dei lavori di
miglioramento alla foce del “più terribile dei confluenti […] l’Avisio”, del Noce, Fersina e Ravina.
In questo primo periodo compreso tra gli anni 1880 e 1894 sono realizzati il taglio di Chiusole, lo
sbocco del torrente Leno a Sacco (1880), la sponda del rio Ravina e delle briglie sul Rossbach, Rio
Cavallo a Calliano (1881), la scogliera al ponte ferroviario di San Michele, sistemazioni a
Mattarello e all’Acquaviva e nuovi lavori ai tagli tra Besenello e Calliano, lo sbocco del Leno,
un’altra briglia sul Rio Cavallo (1882). Nel frattempo sono eseguiti importanti rimboschimenti nelle
valli di Fiemme e Fassa, sono sanati i danni dell’alluvione del 1882 che hanno bloccato per diversi
mesi il fondovalle atesino.
Nel 1886 è promulgata un’altra legge che rifinanzia e perfeziona i progetti di quella precedente e
pone gli interventi sotto il controllo amministrativo e la direzione lavori dell’Imperial Regia
Luogotenenza di Innsbruck
. In questo secondo periodo, che termina nel 1896, all’atto della
“consegna della III Sezione del Regolamento dell’Adige, entrato in vigore colla pubblicazione della
Legge provinciale 30 Dicembre 1896 B. P. N. 51”, si completano le opere di bonifica che ci
riconsegnano la Valle dell’Adige come la vediamo ancora oggi. Si completano le opere
dell’Acquaviva, del taglio di Besenello – Calliano, una serra sul Rio Cavallo (1886/87), varie opere
sull’Avisio, si ultima il taglio dell’Ischia Wolkenstein, si rinnova, in ferro ad un’unica campata, il
ponte di San Lorenzo (1888) a Trento, eliminando quello in pietra del 1858 causa di tante
inondazioni. Si procede, poi, con il “prolungamento del fosso di Trento e del Vela” e con
l’allargamento di Centa, ex Ischia San Lorenzo, e del Briamasco (1888). Sono effettuati lavori di
completamento, specialmente quello di deviazione degli affluenti, con immissioni oblique o
addirittura parallele, abbandonando quelle, pericolosissime, perpendicolari. Il Fosso di Trento, poi
Adesot, alla Vela, Mattarello, Volano, Nave San Rocco, Campo Trentino, Aldeno, nelle località
Lidorno, Ischia Podetti e Ischia Perotti (1891/94) (5). Dal 1897 i grandi lavori terminano e l’attività
dello Ätshregulirung entra nella fase di gestione, perfezionamento e completamento della bonifica,
interrotte nel corso del 1914 con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Con l’avvento dell’amministrazione italiana, dopo un periodo di riordino e assestamento delle opere
esistenti, la stessa decide con regio decreto del 1926 di suddividere le competenze del Consorzio.
La parte riguardante il regime dell’Adige e dei suoi affluenti è affidata al Genio Civile, mentre
quelle di bonifica rimangono di competenza del Consorzio. Con un altro decreto del 1929, che
integra e completa quello del 1926, è “approvato lo statuto del Consorzio di Bonifica S. Michele –
Sacco.” (6) I lavori di messa in sicurezza del territorio proseguono, dunque, sotto l’egida del Genio
Civile che provvede a terminare quelle già avviate sotto l’impero Austro-Ungarico e a
regolamentare ulteriormente il corso dell’Adige, mentre quelle di bonifica si intensificano
principalmente per quanto riguarda il recupero di terreni con la realizzazione di canali, fosse di
varia dimensione e ristrutturazione degli impianti idrovori, raggiungendo, grosso modo, l’attuale
aspetto.
Nel secondo dopoguerra il territorio della Terza sezione, presente esclusivamente all’interno dei
confini della provincia di Trento è sempre amministrato dal Consorzio Atesino di Bonifica di
Trento, ma è finanziato dal 1948 dalla Regione Trentino Alto Adige e, in seguito, dalla Provincia
Autonoma di Trento, che nel 1985, con apposito atto, ne delibera lo statuto e conferma lo stato di
ente di diritto pubblico (7).
Antichi toponimi

Il nostro immaginario viaggio lungo il corridoio di oltre 40 chilometri nelle competenze territoriali
del Consorzio di Bonifica, attraverso i luoghi storici che lo caratterizzano, i suoi antichi toponimi
che ancora ricordano le sue origini, la sua avventura tecnica ed economica che ha valorizzato il
fondovalle atesino, spodestando il dio del fiume dalle sue antiche e imprevedibili bizze, togliendogli
la sua primitiva funzione di lungo canale di comunicazione tra il mondo nordico con quello
adriatico, tra l’Impero Germanico e la Repubblica di Venezia, tra la cultura tedesca e quella italica,
incomincia in quel cuneo di coltivazioni nominato dalle carte topografiche Sette Pergole, formato
dall’Ulzbach o Noce e la statale della Val di Non, tra il ponte della Trento-Malé e quello dell’antico
allacciamento ferroviario, tra la stazione, denominata originariamente di San Michele, ora
Mezzocorona e Mezzolombardo, nella sua zona commerciale. Dalla località Sette pergole, dunque,
percorrendo la Retta di Zambana, dal ponte della Rupe a Nave San Rocco, s’incontrano le località Chiesuretti, Vato vecchio, Albere, Le sort, Nogarole, Marici, Pra dei Giaroni, Pinzarelle in sinistra Adige e, più a valle, a nord di Zambana Vecchia, Tremol, Campedelli, Pasqualine. Interessante è la relativamente recente urbanizzazione a “maso”: masi collegati da strade interpoderali affiancate da canali di scolo confluenti nella Fossa Maestra dell’idrovora di Zambana. Masi isolati, entità economiche autonome, fra i quali spiccano Maso Le Part, Pezzi, Betta, Bettin; Maso Corbelli, Callianer e Pezcoller in sponda sinistra e poi, Maso Inon, Maso Nuovo, Alfonso, Maset, Rosabel, Pradazzo, edificato su un antico meandro, Maso del Gusto, San Valentino, Gesuiti, si spartiscono, assieme alle competenze dirette del Consorzio, questo vasto territorio coltivandolo principalmente a mele, e vigneto, specialmente nei comuni del versante rotaliano, e ortofrutticolo, con la coltivazione degli asparagi. Il viaggio prosegue nel comune di Lavis, attraverso le zone di Canton, Aicheri, Ischiello, dove è ancora presente la stazione abbandonata della seconda funivia della Paganella, Ospli, Calcare, Sort, Risare, Giaroni e Vodi, dove la Fossa maestra trova l’impianto idrovoro omonimo e la confluenza con l’Adige e dove ora sorge la zona artigianale del comune di Lavis. Superato il confine naturale dell’imponente greto dell’Avisio, che forma un’arida barriera, lasciata incolta proprio per la pericolosità del suo ospite, ma attraversata dal viadotto ferroviario e da quello, parallelo, dell’autostrada, si ritrovano subito, indicativi, i toponimi Ghiaie, Molino, Maso delle Roste e Spini. Il confine del Consorzio, in ogni caso ha, nelle sue pertinenze, quasi tutto il cento abitato di Lavis fino alla Chiusa di San Giorgio, tanto che è secondo solo a Trento per territorio gestito. Tra le località Spini e Roncafort, nelle vicinanze di Gardolo, Paiari, Canova, Melta, sorgono alcuni masi come il Garavaglia, Sordomuti, Rossi, Merz, Larcher, e, in sponda destra, Ischia Podetti, in antico Wolkenstein, con il Rivo Vela, ora abbandonati o ristrutturati, rimpiazzati dalla trasformazione del territorio. Un esempio può essere la sostituzione dell’Aeroporto di Gardolo con l’Interporto Doganale, dove oggi sorge il più moderno impianto idrovoro del Consorzio, e, più a sud, la zona commerciale e artigianale sovrappostasi alle coltivazioni, mentre la porzione attorno alla statale del Brennero, un tempo occupata da industrie ora è fortemente urbanizzata con edilizia abitativa e commerciale, specialmente nel tratto di territorio tra Gardolo e Trento, nelle località Canova, Melta, Solteri, fino alla Malvasia e Centa. La zona del comune di Trento, che vede i primi interventi ancora all’inizio dell’Ottocento, è quello che presenta la maggiore sovrapposizione urbanistica dell’area del Consorzio. Lasciato alle spalle Campo Trentino, con Maso Sembenotti, attraversato dalla Fossa del Lavisot, che si unisce, attraverso quello di Malvesia, a quella cittadina comunemente chiamata Adesot, si entra in contatto con la città. L’Adesot o Adigetto, percorre, in pratica, l’antico alveo dell’Adige fino al ponte di San Lorenzo: in seguito, fu deviato parallelamente all’Adige fino alla località Ghiaie e coperto in più riprese fino alla sua definitiva scomparsa negli anni Settanta del secolo scorso. L’antica Ischia San Lorenzo, denominata anche di Centa, sono sostituite dalle attuali piazze Dante e, per l'appunto, Centa, mente l’antico borgo di Piedicastello, ai piedi del Doss Trento rimane direttamente collegato alla centro storico dal nuovo ponte. La città, alla metà dell’Ottocento, assume l’attuale fisionomia, anche a sud della rettifica, con il taglio dell’Ischia Briamasco, oltre il palazzo delle Albere, verso la zona dei Muredei, delle Ghiaie e del Mass Desert. In sponda destra si trova un impianto idrovoro, detto di Piedicastello, in quanto situato tra la circonvallazione e il fiume, all’altezza del colle di San Nicolò. Lasciata la periferia sud della città, con le località della Clarina, Madonna Bianca, Stella e, in sponda destra, in alto sulle pendici del Monte Bondone, l’abitato di Belvedere, anticamente Pissavacca e poi Ravina, la bonifica ritrova gli ampi terreni coltivati e le evidenti tracce dell’antico percorso dell’Adige, delimitati, a sinistra, dalla statale del Brennero fino a Mattarello e, a destra, dalla provinciale passante per Romagnano e Aldeno. Lo slargo della valle, con le località San Vincenzo e, di seguito, Ronchi e Mattarello, è coltivato a frutteto fino alla stazione ferroviaria di quest’ultimo paese, ed è proprio nelle sue vicinanze che sono attivi, attualmente, tre impianti per la regolazione della Fossa Catena, più a valle quella della Fossa Palù ed, infine, quello provvisorio di Rio Valsorda. In ogni caso è in sponda destra che si sono potuti recuperare la maggior parte dei terreni. Le mappe rivelano l’antico percorso perché nelle ordinate lottizzazioni compaiono i
riempimenti del primitivo alveo. I toponimi Virginie, Taglio Lidorno, Ischia Perotti, Ischielli,
Settefontane, Ponte del Sacco e, in sponda sinistra, Il Taio, oltre la villa dell’Acquaviva,
testimoniano delle antiche presenze del fiume. Quelli, apparentemente più recenti, indicano i nomi
dei proprietari come Zocchi, Spinelli e altri come Filari Longhi, Vegri, Code, Ischia Fedrigazza, o i
pochi masi come Moll, Nogarole, Antonelli, Bozza, Sacconi. Siamo, ormai all’altezza di Murazzi,
poco dopo l’Acquaviva, luogo di confine tra la Valle dell’Adige e quella Lagarina, che, idealmente
ha il suo inizio con il paese di Aldeno.
Il tratto di fondovalle che arriva alla stretta di Calliano, all’altezza del vasto greto del Rio Cavallo, o
in antico, Rosbac, è in gran parte in destra Adige e mostra, dai punti di vista panoramici di Pianezze
o dagli spalti di Castel Beseno, l’intensa coltivazione a frutteto racchiusa tra i contrafforti del Becco
di Filadonna
e quelli delle scoscese pendici dello Stivo. Sanzeno, Paludi Barchi, Comunazi, Mezza
Prada
, e Ischia Besena, Prai e Pradi e, in sponda sinistra, gli smilzi terreni di Ischiei e Taio
racchiusi tra la ferrovia e l’Adige, portano a due impianti idrovori, quello di piccole dimensioni di
Campi Grandi e quello di fronte, sull’altra sponda del fiume, collegato da un ponte, denominato di
Nomi. Rare sono le abitazioni ora quasi completamente in disuso: Maso Plotegher, Cason, Casa
Carli
.
Superato il greto del Rio Cavallo o, come appare nei testi ottocenteschi, Rossbach, localmente
Rosbac, lasciati alle spalle gli abitati di Besenello, con l’imponente castello e Calliano, s’incontra
un’altro castello, quello di Castelpietra. Dal sentiero per l’Eremo di Santa Cecilia si può ammirare
un vasto panorama che va dal Colle di Beseno, in lontananza Aldeno e la conca di Trento, Nomi,
Chiusole, Pomarolo, Villa Lagarina, e i centri delle pendici dello Stivo, fino al sottostante Volano,
nella sua zona artigianale. Quello che colpisce maggiormente è l’area bonificata, coltivata a mele,
nella quale si possono distinguere la vasta ansa de Il Taio e il suo biotopo, altro esempio delle
condizioni primordiali della valle prima delle bonifiche: anche quest’interessante realtà è
regolamentata con l’ultimo impianto idrovoro detto di Castelpietra. Ritornano i consueti toponimi
oltre a quelli strettamente legati alla cultura locale, Ischietta, Il Taio, La Copera, Campia, Volte,
Gorga, Ponta.
Il territorio del Consorzio, nelle vicinanze di Rovereto, si restringe attorno all’alveo rettificato
dell’Adige, il quale è soverchiato da una enorme concentrazione di opere, strade, autostrade,
ferrovie, costruzioni industriali e commerciali che ne sminuiscono il significato proprio in una delle
antiche tappe del suo antico percorso, i porti fluviali di Chiusole e Borgo Sacco. Rimon, Val di Riva,
Navicello e, in sponda destra, Chiusole, Lanza, Spine, Ischie, per terminare alle pendici del colle di
Castel Pradaglia, sede dell’antica giurisdizione imperiale sulla conca lagarina (8).
Viaggio fotografico: dalla Piana Rotaliana a Borgo Sacco

Dal piccolo belvedere situato sopra l’abitato di Mezzolombardo, osservando i punti più lontani, la
prima cosa che emerge al limitare del Piano Rotaliano è la presenza delle più antiche testimonianze
di castelli a partire da quello di Monreale, Königsberg, in antico infeudato ai conti d’Appiano, sede
dell’omonima giurisdizione su tutto il territorio fino a Salorno; poi, a sinistra, in caverna, Castel San
Gottardo o Corona nel Monte Las, infeudato ai Kron-Metz, i signori per l'appunto della “corona” e
della “pianura”, luogo di antiche leggende della saga germanica. Di nuovo in sponda destra, appare
il possente convento agostiniano fortificato di San Michele con la bella facciata barocca della
chiesa, anch’esso antichissimo, ed, infine, sotto il belvedere di Mezzolombardo, sul colle di San
Pietro, i resti rimaneggiati dell’omonimo castello. Tutte queste antiche testimonianze, tra le quali
non bisogna dimenticare Castel Firmian a Mezzocorona, presidiavano le poche strade esistenti, la
Claudia Augusta, principalmente, ma anche i traghetti, i guadi sull’Adige, le vie per le valli laterali
tra le quali quella, importante, d’Anaunia (9). Nelle immagini fotografiche del Diciannovesimo
secolo appare la nuova strada detta “retta della stazione”, visibile ancora oggi seppure alterata (10).
Tracciata sul riempimento del vecchio alveo del Noce, che era stato deviato verso Zambana tra il 1849 e il 1853, unisce tuttora l’abitato di Mezzolombardo con il Ponte di S. Michele. Nell’osservazione della “piatta piana Rotaliana”, oltre ai possenti contrafforti del Monte di Mezzocorona e del Monte Last, dove si scorgono le opere della centrale idroelettrica, o il Monte Faussior, che ospita il nostro belvedere, l’immagine che più colpisce è l’ordinato disegno del ”più bel giardino del Trentino”. Anche se l’espansione edilizia e viaria ha intaccato le perfette geometrie riscontabili nelle antiche immagini e fotografie, la zona del vino Tiroldico, ovvero del Tirolo (Teroldego), mantiene la sua fisionomia definitasi dalla metà dell’Ottocento con l’opera di bonifica delle cosiddette “Paludi di Mezzocorona”. Il confine tra la Seconda e la Terza Sezione, corre a sud della Retta, partendo dal vecchio Ponte della ferrovia sul Noce, breve tronco del 1906 che collegava l’allora stazione di San Michele con Mezzolombardo, successivamente ricondizionato in carrozzabile, fino all’abitato di Grumo, seguendo, poi, da una parte, la linea ferroviaria del Brennero, fino a Lavis, e dall’altra la riva sinistra del Noce, passando dall’idrovora di Zambana Vecchia e oltre, fino alla località Pasqualine. L’opera di bonifica, come già ricordato iniziata in questa zona nel 1849, è poi proseguita e coordinata, dal 1874, dall’Istituto Agrario di San Michele e, solamente dal 1879, resa autonoma con la legge apposita che crea il Consorzio di manutenzione dell’Adige. Il comune di Mezzolombardo, il cui centro abitato rimane esterno alle competenze territoriali del Consorzio, vi possiede numerosi ettari di frutteti e vigneti coperti tuttora da una fitta rete di canalizzazioni di irrigazione posata tra il 1926 e il 1937. E’ da un’altra splendida postazione, quella del Belvedere di Fai, che si ha nelle limpide giornate di vento, un’amplissima panoramica che copre il fondovalle da San Michele fino a Trento. Grumo è il primo paese parzialmente compreso nel territorio del Consorzio. Sorto su un promontorio circondato dalla palude, Grumo è posto di fronte a San Michele ed era luogo di guado o di facile passaggio tra i due argini. In seguito, dopo la deviazione del Noce, nel 1870, fu costruito un primo ponte di legno, sostituito, dopo l’alluvione del 1882 da un altro e, nel 1940, dall’attuale in cemento. Il comune di San Michele all’Adige, ha anch’esso una porzione dei terreni bonificati, quelli compresi tra la ferrovia del Brennero e la sponda sinistra del fiume. Nave San Rocco in sponda destra e il dirimpettaio Nave San Felice erano, fino dall’antichità, capisaldi di un traghetto attivo fino al 1893 quando fu sostituito da un ponte in legno di fattura simile a quello di San Michele. L’attuale, del 1933, è stato realizzato per opera del Consorzio che vi ha, sulla stretta sponda sinistra, un impianto idrovoro. La vicenda del traghetto delle “Navi”, gestito dai conti Spaur per conto della giurisdizione di Königsberg, è antichissima e di esso, dopo attente ricerche, se ne ha una precisa memoria storica (11). Infine Zambana, ultimo comune di questo ampio territorio che ha il suo confine naturale nel biotopo delle Pasqualine, vero e proprio reperto di com’era l’Adige fino a duecento anni fa. L’abitato di Zambana Vecchia, dopo la frana del 1955 precipitata dall’incombente Paganella, è stato ricostruito, spostato verso la statale 12, sul territorio di Lavis, e chiamato Zambana Nuova. L’antico paese di Zambana era in passato crocevia per strade e sentieri: quello di San Vili che sale per la Val Manara, congiungendosi, in quota, con quello per Terlago e poi, salendo ancora, con Fai e Andalo, con la Valle di Non, Cavedine, Castel Belfort, da una parte e Molveno, San Lorenzo in Banale e le Giudicarie, dall’altra. Queste furono vie dei tempi passati, mulattiere percorse da viandanti, rese obsolete con l’apertura di ardite strade militari ottocentesche, che consentivano il transito a carrozze e diligenze, a soldati e turisti, L’erto sentiero del Rio Manara fu superato, negli anni Venti del secolo scorso, da una funivia, chiusa in seguito alla frana del 1955. Sul territorio di Zambana e Lavis convivono ben quattro impianti idrovori: quello al ponte di Zambana Vecchia in località Campedelli, del 1927, che gestisce le acque della Fossa Maestra, quello delle Pasqualine, posto poco dopo la confluenza del Noce e il canale della già citata Fossa Maestra nell’Adige, mantenendo in vita, in collaborazione con il Servizio Ambiente della Provincia Autonoma di Trento, l’importante biotopo segnalato in precedenza, quello più piccolo in località Menapace, posto sulla ciclabile per Bolzano ed, infine, l’impianto dei Vodi sulla sponda destra dell’Avisio. Lasciata la chiusa di Lavis, il torrente Avisio si apre in un vasto greto prima di sfociare nell’Adige. Anticamente alla confluenza tra i due percorsi d’acqua, chiamata Vodi, guado, ma anche luogo d’attracco, erano costruiti, con il legname proveniente dalla valle di Fiemme, i “radi”, grandi zattere, dirette a Venezia, che, opportunamente caricate con merci fino a quindici tonnellate, erano sapientemente governate dagli zattieri fino in laguna. La realizzazione della ferrovia del Brennero impose la costruzione del massiccio viadotto in pietra progettato da Luigi Negrelli nel 1859, che, tuttora, attraversa il greto in tutta la sua larghezza, affiancato dagli anni Sessanta da quello dell’autostrada. Dalla sponda sinistra dell’Avisio si entra nel territorio di Gardolo dove, in seguito alle bonifiche si sono potuti recuperare i terreni di Spini, Cortivi, Campagne, Roncafort, dove, poco prima del 1914, è stato realizzato un aeroporto militare, la cui area, ora è stata trasformata in interporto doganale e scalo ferroviario, sede, infine di un moderno impianto idrovoro, fino a Campo trentino, nell’immediata periferia di Trento. Sulla sponda destra dell’Adige, nel 1916 è stata realizzata, nel progetto generale di fortificazione della città avviato cinquant’anni prima, una strada di collegamento che, passando per l’abitato di Vela, congiungeva i vari masi della stretta striscia di terra dell’Ischia Wolkenstein, ora Podetti, della Piana di Laghetti (bonificate a partire dal 1883) e, più avanti ad una polveriera e altre opere fortificate, trovando posto tra le scoscese pareti del Soprassasso e della Paganella e il fiume, per giungere, infine a Zambana Vecchia. Oltre ai terreni nelle strette vicinanze dell’Adige, sono da ricordare i lavori effettuati per il recupero di quel territorio, oggi quasi completamente urbanizzato, compreso tra Gardolo e il rione di San Martino. Canova, Melta, Solteri, Malvasia, Ischia di Centa, sono località recuperate in seguito alla deviazione dell’Adige avvenuta dal 1854 in poi. Se si esclude l’Ischia di Centa, in antico di San Lorenzo che era coltivata e “cintatata”, da qui il nome che tuttora porta la piazza omonima, tutti gli altri terreni erano paludosi, percorsi soltanto, dal 1909 dalla linea della Trento – Malé e dal nuovo stradone verso il Brennero. La deviazione dell’Adige ha modificato definitivamente l’aspetto della città, ma ha lasciato una traccia, ora quasi del tutto scomparsa, nel “Fosso di Trento”, collettore per tutte le acque provenienti dalla città. Denominato Adesot, Adigetto, sfociava nel fiume all’altezza del nuovo ponte di San Lorenzo, nelle vicinanze di Torre Vanga e del Gasometro, dove ora è ubicata la stazione a valle della funivia di Sardagna; sul modello della deviazione del Noce a Zambana, fu fatto passare davanti al Palazzo delle Albere, per poi confluire nel fiume, a valle, nella zona dei Muredei. Nelle antiche piante cinquecentesche la zona bonificata di Ischia San Lorenzo appare intensamente coltivata a frutteto e vigna. C’era una porzione di terreno, nelle vicinanze del convento, racchiuso in un ordinato disegno di muri di cinta: al centro di un vasto quadrangolo, attraverso quattro stradine partenti dalla metà dei suoi lati si incontravano, verso il centro, attorno alla recinzione di un orto con l’entrata rivolta a ovest, verso l’abside della chiesa, nella stessa posizione degli attuali giardini di Piazza Dante. Quell’antico impianto, in seguito alle continue inondazioni, scomparve e, già alla fine del Seicento, è sostituito con altre coltivazioni a frutteto. Nelle vedute ottocentesche l’Ischia sembra poco coltivata, seppure cintata lungo il perimetro dell’ansa (12). L’arrivo della ferrovia, la costruzione del Fabbricato dei viaggiatori e dello scalo, la trasformazione a giardino, a partire dal 1880, della Piazza della Stazione, ci restituiscono, nelle linee generali, una situazione simile a quella attuale. L’antico ponte di San Lorenzo, luogo di ricongiunzione delle strade imperiali di sinistra e destra del fiume fin dall’antichità, è profondamente modificato, cambiato nell’orientamento che, dall’originario sud-nord, in pratica dalla Torre Vanga verso l’abbazia, passa ad est-ovest, sempre dalla torre Vanga verso il rione di Piedicastello e l’antichissima chiesa di Sant’Apollinare. Con queste operazioni la ferrovia evitava di passare sopra ben due ponti, l’Adige era convogliato in un alveo esterno alla città, si recuperavano notevoli porzioni di terreno edificabile e si creava un giardino di rappresentanza della città, ornato, dal 1896, col monumento a Dante Alighieri. Non tutte le cose andarono come sperato dagli amministratori della città: l’urbanizzazione della piazza non andò oltre alla stazione, alla costruzione dell’Imperial Hotel Trento e dell’Hotel de Ville e agli edifici della dogana nella zona a nord della piazza. L’Adige perse la sua navigabilità data l’aumentata velocità delle acque e divenne ancor più pericoloso dopo la costruzione del ponte di San Lorenzo in pietra a sette arcate, troppe strette per far passare le zattere e causa di un effetto diga disastroso per la città: fu sostituito, nel 1883, con uno in ferro ad un’unica campata, rimasto attivo fino al 2 settembre del 1943, quando fu abbattuto dal primo bombardamento aereo alleato. In ogni caso, la città attualmente è servita con un solo impianto detto di Piedicastello, sorto vicino al cantiere comunale lungo la circonvallazione di Trento (13). Dal Belvedere di Sardagna o dalla chiesetta di San Leonardo delle Novaline, si ha una veduta della vasta pianura a sud di Trento, che mostra, in sponda destra, per primo l’abitato di Belvedere, poi di Ravina e Romagnano, antichi centri infeudati a nobili famiglie trentine, mentre, in quella sinistra, l’area del nuovo aeroporto Caproni e di Mattarello, per arrivare al confine ideale tra la Valle dell’Adige e quella Lagarina, passando per Acquaviva, con la villa Bortolazzi e i cosiddetti Murazzi, potenti scoscendimenti rocciosi a picco sulla Strada Statale 12 e la ferrovia, ai piedi dello Scannuppia. Il paese di Aldeno, in destra Adige, segna il passaggio oltre che geografico anche culturale, tra la conca trentina e quella roveretana. Besenello con il grande Castel Beseno, infeudato ai Trapp, che domina il confine, noto fin dall’antichità, tra i municipi romani di Trento e Verona e, più tardi, tra l’Impero germanico, con la stato cuscinetto del Principato Vescovile di Trento e la Repubblica di Venezia. Calliano con Castelpietra, luogo fortificato di pedaggio dotato di un possente Murazzo con porta ferrata, vide, nel 1487, la Serenissima soccombere davanti agli imperiali e perdere il proprio capitano Roberto da Sanseverino nelle acque limacciose delle sue paludi. Nel 1796, ci fu il passaggio di due colonne di napoleonici, anch’essi in seguito scacciati. Nel 1914-15 sul greto del Rio Cavallo furono impiantate teleferiche per rifornire il fronte di Folgaria, e cooptata manodopera femminile per la realizzazione di manufatti per la difesa delle trincee e dei valli degli imponenti forti sorti da poco lungo il confine con l’Italia e divenuto, dal maggio del 1915, fronte di guerra. A Mattarello sono attivi due impianti idrovori automatici quello di Fossa Palù e quello di Fossa Catena, in passato luogo di traghetto per Aldeno. Nomi con il castello omonimo, anticamente dotato di un traghetto, sostituito con un ponte nel 1890, così come più o meno nello stesso periodo, Mattarello in località Catena al posto del già ricordato traghetto, Calliano per collegarsi alle proprie campagne, Villalagarina e Sacco; Chiusole, come ricorda il nome fu luogo di pedaggio, ma anche porto fluviale. Percorrendo il sentiero che porta all’eremo di Santa Cecilia, si ha una veduta sull’antica ansa dell’Adige, detta del Taio di Nomi, e della presenza di un biotopo, simile a quello delle Pasqualine nel comune di Zambana, ma di più vaste dimensioni, ospite di notevoli esemplari di avifauna e delle rare testimonianze di vegetazione originaria dell’antica condizione del fiume. I ruderi di Castel Barco, l’antica chiesa di Sant’Antonio Abate, nelle proprietà della famiglia Bossi Fredrigotti, Pomarolo e sotto di noi le propaggini di Volano, ci ricordano la vicinanza di Rovereto e di Borgo Sacco, che terminano esattamente ai piedi della collina di Castel Pradaglia, anch’esso, come Castel Monreale luogo di gastaldia, quella Lagarina, per moltissimi anni appannaggio dei Castelbarco, fatto demolire dall’imperatore Massimiliano I nel 1508. In località Campigrandi sorge una piccola installazione idrovora che serve la sponda sinistra all’altezza di Besenello e, quasi di fronte, su quella destra è attivo l’impianto detto di Nomi, primo per potenza su tutto il territorio del Consorzio. Infine, a governo anche del biotopo del Taio di Nomi, l’ultima delle idrovore, quella detta di Castelpietra, attiva nelle campagne di Volano. Dal piazzale della chiesa di Pedersano, oltre all’immediato impatto della città di Rovereto, partendo da nord, si ha un’ampia veduta dell’Adige che parte dal colle di Castel Beseno e percorre lungo la sua direttrice, accompagnato dal fragore dell’autostrada e dei lunghissimi treni merci della ferrovia del Brennero, facendo tappa a Volano, Sant’Ilario, Villalagarina, la zona industriale di San Giorgio. Per completare il percorso fotografico del territorio del Consorzio e avere una chiara vista di Borgo Sacco e il suo ponte per Isera, si è scelta una postazione sulla strada per Pedersano. Sacco ebbe una grande importanza commerciale perché fu sede, fin dal medioevo, di un importante porto mercantile, di un dazio per la riscossione dei pedaggi di transito, sosta obbligata per gli zattieri provenienti da Salorno e diretti a Verona e cambio degli animali da traino dei pesanti barconi
provenienti da sud (14). Le opere di bonifica della Valle dell’Adige proseguono con la IV sezione
del Regolamento…
, che arriva fino a alla chiusa di Ceraino.
Note

(*) La presente ricerca vuole essere un’introduzione generale ai vari aspetti della storia del
Consorzio, della toponomastica e delle valenze culturali presenti sul suo territorio. Ben più
approfondita e auspicabile sarebbe una ricerca metodica, attraverso archivi e biblioteche, di
documenti che ne ricostruiscano, oltre al percorso tecnico, anche quello economico, sociale,
ambientale e culturale, realizzando un’opera definitiva.
1) Protocollo sulla consegna della III. Sezione del Regolamento dell’Adige assunto in Trento li 5
Dicembre 1896
, Tipografia Editrice Giuseppe Marietti, Trento, 1897, p. 1;
2) E. TURRI, S. RUFFO (a cura di), L’Adige - il fiume, gli uomini, la storia, CIERRE edizioni,
Caselle di Sommacampagna (Verona), 2005, I ed. 1992, p. 3;
3) R. SCENICO P., Nave S. Rocco, dalla palude al Frutteto, Ed. B. PP.Francescani, Trento, 1987,
pp. 33-34;
4) L. FACCHINELLI, La ferrovia Verona-Brennero, Storia della linea e delle stazioni nel
territorio
, Casa Editrice Athesia, Bolzano, 1995, p. 29;
5) Relazione finale sulla sistemazione del fiume Adige nella III Sezione dal ponte ferroviario di S.
Michele sino inclusivamente allo sbocco del Leno presso Sacco
, in Protocollo sulla consegna della
III. Sezione del Regolamento dell’Adige assunto in Trento li 5 Dicembre 1896
, Tipografia Editrice
Giuseppe Marietti, Trento, 1897, pp.6-40;
6) Statuto del Consorzio Atesino di Bonifica di Trento con sede in Trento, Tip. Nichelatti, Trento
1985, pp. 3-4;
7) Statuto del Consorzio Atesino di Bonifica di Trento con sede in Trento, Tip. Nichelatti, Trento
1985, pp. 7-36; Breve storia del Consorzio Atesino di Bonifica di Trento, dattiloscritto a cura del
Consorzio, Trento, 2005, p 3;
8) Alleg.2. Tabella delle realità stabili che vengono consegnate al Consorzio atesino di
manutenzione S. Michele – Sacco
; Alleg. 3. Prospetto di tutti i documenti di acquisto di terreni o di
costituzione di diritti reali a favore ed a carico del fondo pel Regolamento dell’Adige
in Protocollo
sulla consegna della III. Sezione del Regolamento dell’Adige assunto in Trento li 5 Dicembre 1896
,
Tipografia Editrice Giuseppe Marietti, Trento, 1897, ad vocem. Altri toponimi presenti nel testo
sono stati ricavati da mappe e cartine topografiche;
9) Le principali fonti di informazione e guida metodologica per questo testo sono stati:
A. GORFER, Le valli del trentino, Trentino occidentale, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento),
1975, pp. 133-183, 188-192, 627-634, 636-640; A. GORFER, Le valli del trentino, Trentino
orientale
, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento), 1977, pp. 33-128, 142-148, 202-210, 222- 259,
209, 373-396, ;
10) L. MELCHIORRI, Un saluto dalla / Ein Gruß aus der Piana Rotaliana, Editrice La Grafica /
L.Melchiorri, Mori / Mezzocorona, 2004, p. 17;
11) Per le notizie su Nave San Rocco si veda: R. SCENICO P., Nave S. Rocco, dalla palude al
Frutteto
, Ed. B. PP.Francescani, Trento, 1987;
12) A. CHEMELLI, Trento nelle stampe d’arte, Prov. Aut. Trento, Trento, 1990, pp. 129, 164, 171,
203, 249;
13) F. MENAPACE, I panorami fotografici di Trento e il ponte di San Lorenzo, in Il ponte di S.
Lorenzo e la città di Trento
, Comune di Trento, Trento, 1999, pp.14-17
14) A. GORFER, Terre lagarine, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento), 1977, pp.7-94, 118-
145, 197-205, 217-235, 244-249.
Bibliografia essenziale

Protocollo sulla consegna della III. Sezione del Regolamento dell’Adige assunto in Trento li 5
Dicembre 1896
, Tipografia Editrice Giuseppe Marietti, Trento, 1897;
Satuto del Consorzio di manutenzione del regolamento dell’Adige S. Michele – Sacco, Tipografia
Editrice Giuseppe Marietti, Trento, 1897;
Raccolta dei documenti e degli atti del Consorzio di manutenzione del regolamento dell’Adige S.
Michele – Sacco
, Trento, 1896-1903;
A. GORFER, Le valli del trentino, Trentino occidentale, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento),
1975;
A.GORFER, Le valli del trentino, Trentino orientale, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento),
1977;
A.GORFER, Terre lagarine, Arti Grafiche Manfrini, Calliano (Trento), 1977;
Statuto del Consorzio Atesino di Bonifica di Trento con sede in Trento, Tip. Nichelatti, Trento
1985;
R. SCENICO P., Nave S. Rocco, dalla palude al Frutteto, Ed. B. PP.Francescani, Trento, 1987;
A. CHEMELLI, Trento nelle stampe d’arte, Prov. Aut. Trento, Trento, 1990;
L. FACCHINELLI, La ferrovia Verona-Brennero, Storia della linea e delle stazioni nel territorio,
Casa Editrice Athesia, Bolzano, 1995;
Il ponte di S. Lorenzo e la città di Trento, Comune di Trento, Trento, 1999;
E. TURRI, S. RUFFO (a cura di), L’Adige - il fiume, gli uomini, la storia, CIERRE edizioni,
Caselle di Sommacampagna (Verona), (I ed. 1992), 2005;
Breve storia del Consorzio Atesino di Bonifica di Trento, dattiloscritto a cura del Consorzio, Trento,
2005;
Immagini
1)Mezzolombardo panorama verso sud, fot. Otto Taudien, Mezzolombardo, 1909. (Melch., p. 83)
2)Nave San Rocco, ed. Catina Unterveger, Trento, 1900 c/a. (Melch., p. 216)
3)Veduta di Lavis
4)Veduta di Trento
5)Veduta Besenello, Calliano, Volano
6)Veduta di Rovereto e Borgo Sacco

Source: http://www.ctb.tn.it/upload/files/media/000079_it-pubblicazione_viaggio-sul-territorio.pdf

quimicaalcidesribeiro.com.br

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