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Autismo e disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS)
Approfondimento: domande e risposte
Sommario
Definizione, fattori esplicativi, diagnosi
Presa a carico e interventi
Autismo e fattori genetici
Integrazione scolastica e tempo libero
Età adulta, luogo di vita e di integrazione sociale
L’autismo in Svizzera
I. Definizione, fattori esplicativi, diagnosi
1) L’autismo può essere definito una « malattia »?
Nel caso dell’autismo, non si tratta di una malattia. L’autismo è un disturbo grave dello sviluppo che si manifesta sotto vari aspetti e, in generale, prima dei tre anni. Le persone colpite da disturbi dello spettro autistico presentano delle caratteristiche cliniche in tre campi, si parla allora di “triade autistica”. Si osservano: • una marcata e persistente compromissione dell’interazione sociale; • una marcata e persistente compromissione della comunicazione verbale; • l'assimilazione della percezione e dell’informazione, ciò che si traduce in disturbi del comportamento come in un repertorio ristretto di interessi e attività (sterotipie). Le persone colpite da autismo soffrono di gravi disturbi nel relazionare e nel comunicare. Esse hanno difficoltà a entrare in contatto con altre persone e la loro comunicazione è perturbata. In molti casi, le persone colpite da autismo non sviluppano il linguaggio verbale, quando c’è il linguaggio presenta delle anomalie (ad es. la persona autistica usa un tono di voce monotono, ripete in modo stereotipato parole e frasi) e in genere non viene usato in un senso comunicativo. Spesso queste persone si isolano da chi le circonda e si sforzano di mantenere intatto il loro ambiente. 2) Con che frequenza si presenta l’autismo?
Se consideriamo i dati più recenti che riguardano l’incidenza di tutte le forme di disturbi
pervasivi dello sviluppo (DPS), si stima che l’autismo si manifesti in circa 70 bambini su
10.000, cifra che, secondo le più recenti ricerche, è in aumento. Questa stima è tre volte
superiore a quella di 20 bambini su 10.000 presentata da Wing e Gould a metà degli anni ‘70
nello Camberwell Study. È evidente che hanno concorso ad una maggiore incidenza i
cambiamenti intervenuti nei criteri diagnostici, un’estensione del concetto di autismo, una
maggior presa di coscienza da parte degli esperti - in quanto l’autismo può essere presente
anche nei bambini di intelligenza normale – e l’aggiunta di nuove categorie quali la sindrome
di Asperger e i DPS non specificati.
Inoltre, sia gli esperti che i non-esperti hanno una conoscenza del continuum dell’autismo più
ampia, e questo facilita lo studio dei bambini che presentano questo disturbo.
Noi non sappiamo se, al di là di questi fattori, ci sia un aumento reale ancora ignoto
dell’incidenza del disturbo. Mancano dei dati epidemiologici validi che provino quanto
l’incidenza si è modificata nel tempo.
3) Quali sono le cause dell'autismo?
Non si conoscono le cause dell’autismo. Tuttavia la ricerca è unanime nel dire che l’autismo è una malattia neuro-evolutiva, una deficienza dell’organizzazione nueronale che si manifesta durante lo sviluppo del bambino nella “triade autistica”. Ma le opinioni divergono : come spiegare infatti le interazioni complesse che esistono fra la dimensione genetica, la dimensione neuronale e la dimensione cognitivo-comportamentale ? I fattori ambientali, che si ipotizzano essere all’origine delle anomalie genetiche, visti gli innumerevoli fattori che potrebbero esserne la causa, sono ancora troppo poco investigati e i risultati di ricerche in tal senso per il momento non sono comprovati. Non è stato confermato dalla ricerca invece che esista una relazione con fattori di rischio particolari come la vaccinazione trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia) e il contenuto in mercurio dei vaccini. Le ricerche di questi ultimi anni hanno permesso di escludere che l’autismo possa essere la conseguenza di un errore nell’educazione o di conflitti familiari. 4) Quale è il rapporto fra deficit intellettuale (ritardo mentale) e sviluppo del
linguaggio negli autisti?

L’autismo non è una deficienza intellettuale, ma un disturbo pervasivo dello sviluppo. Ci sono tuttavia persone con autismo che, in più, sono affette da un ritardo mentale (circa 70%). Taluni individui possono avere dei problemi gravi (nell’interazione sociale, nel linguaggio e nella comunicazione, nei comportamenti stereotipati, ecc.) e avere un’intelligenza non verbale piuttosto elevata. In ogni caso vale la regola che, se si può generalizzare, più grave è nell’individuo la deficienza mentale, maggiore è la probabilità che egli non sviluppi il linguaggio, che abbia dei problemi medici associati (es. epilessia) e che presenti degli sterotipi, come movimenti ripetitivi, e una rigidità estrema (ad es. resistenza ai cambiamenti nel suo ambiente abituale). Se manca completamente la comunicazione verbale, è molto probabile che la persona abbia una deficienza intellettuale significativa. Nel caso concreto dei bambini con autismo non verbali è raro di trovare professionisti in grado di effettuare un test d'intelligenza affidabile. Questi test scolastico-attitudinali sono stati concepiti per bambini che si esprimono verbalmente. A un bambino autistico che non riesce ad esprimersi in modo adeguato sarà purtroppo attribuito un quoziente intellettivo (QI) piuttosto basso che non sempre corrisponde alla sua reale intelligenza. 5) Come interferiscono nell’autismo le difficoltà di comunicazione con il
funzionamento a livello cognitivo?

In generale un bambino che non ha acquisito il linguaggio ha parecchi problemi a livello delle funzioni cognitive (dato che l’intelligenza è sia verbale che non verbale) poiché il linguaggio è la più grande fonte di apprendimento e di socializzazione. Per gli individui in grado di comunicare verbalmente ma che hanno difficoltà nella comunicazione sociale, il deficit si presenta di solito con varie caratteristiche: per esempio avrà difficoltà a imparare i significati non letterali del discorso, a immaginare, a capire i concetti astratti o a trovare nuove strategie per risolvere i problemi che gli vengono proposti. 6) Il funzionamento cognitivo delle persone affette da sindrome di Asperger,
autismo ad alto funzionamento, è un modello valido per le persone autistiche a
basso funzionamento?

Sotto certi aspetti sì, ma non per altri. Di solito le persone affette da autismo hanno delle buone competenze di memoria automatica (ad es. memorizzazione e ripetizione di informazioni) piuttosto che competenze concettuali e logiche (l’apprendimento di concetti astratti legati al tempo, alla qualità, alla causalità, all’ordine e la trasformazione di informazioni per risolvere un problema o trovare delle nuove soluzioni). Preferiscono le abitudini familiari e perciò faticano ad accettare situazioni nuove. Non hanno difficoltà a risolvere problemi di percezione non verbale (ad es. coi puzzle geometrici) ma ne hanno quando si tratta di usare delle competenze verbali (ad es. raccontare storie, comprendere i passaggi verbali). Capiscono le informazioni esplicite ma non capiscono le metafore, il linguaggio figurato, l’ironia o il sarcasmo. È chiaro che queste preferenze avranno manifestazioni differenti, ciò dipende dal livello di funzionamento cognitivo dell’individuo (una persona gravemente ritardata rispetto a una intellettualmente dotata). In termini di profilo di intelligenza (funzionamento cognitivo o QI), gli individui con un funzionamento più basso hanno un livello di QI non verbale maggiore rispetto al QI verbale, anche se gli individui con un funzionamento più alto hanno delle caratteristiche che non sono paragonabili. 7) Come si fa una diagnosi e con quali strumenti?
Al momento l’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised) è probabilmente il miglior strumento diagnostico a nostra disposizione per ottenere informazioni dai genitori (interviste con i genitori) sulla storia dello sviluppo del bambino e sulla presenza o meno di comportamenti tipici dell’autismo. Inoltre al clinico competente fornisce numerose importanti informazioni per formulare la diagnosi. Il test diagnostico è corredato da un algoritmo diagnostico e si è constatato che ha delle proprietà psicometriche importanti per affidabilità e validità. È importante sottolineare che deve essere utilizzato generalmente con delle procedure che includano l’osservazione diretta della persona autistica tramite il gioco e l’intrattenimento. Lo strumento complementare è chiamato ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule). Anche se questi due strumenti non vengono utilizzati in tutte le valutazioni cliniche delle persone con autismo, il medico dovrebbe concentrare la sua attenzione sulla storia dello sviluppo del bambino e informarsi sui comportamenti che esso manifesta nei contesti più naturali (oltre che in quelli clinici) e interagire direttamente con il paziente. Ambedue, l’ADI-R e l’ADOS, sono degli strumenti diagnostici. Non ci sono strumenti alternativi all’ADI-R, ma ci sono alternative all’ADOS. Il più comune è CARS (Childhood Autism Rating Scale), creato parecchi anni fa dal gruppo TEACCH nella Carolina del Nord (E. Schopler, G. Mesibov et colleghi). Per quel che riguarda la diagnosi dei DPS senza deficienza intellettuale (sindrome di Asperger, autismo ad alto funzionamento), vengono utilizzati dei questionari specifici che permettono di misurare e evidenziare i limiti nelle abilità sociali specifici di questa sindrome. Si tratta dei seguenti strumenti: la scala australiana della sindrome d’Asperger, l’ASDI (Asperger Syndrome Diagnostic Interview), l’AAA (Adult Asperger Assessment), il CAST (Childhood Asperger Syndrome Test), l’EQ (Empathy Quotient), ecc.
II. Presa a carico e interventi
1) L’autismo può essere « curato»?
L’autismo è un disturbo congenito. Nei casi di bambini autistici difficilmente si può parlare perciò di « curare ». La loro disabilità consiste nel fatto che il loro modo di rapportarsi con il mondo sociale è molto differente da quello dei bambini con uno sviluppo normale. Si è parlato di « guarigioni » di bambini autistici, ma queste guarigioni non sono mai state provate, e si riferiscono in genere a individui che hanno ottenuto dei buoni progressi. D’altronde questi individui continuano ad avere molti problemi significativi nella loro vita. Pur ipotizzando che certi trattamenti possano portare ad una « guarigione » (si parla di trattamenti comportamentali intensivi, di regimi alimentari, di vitamine e di terapie con gli animali [si veda più sotto la domanda 5]), queste ipotesi non sono state suffragate da alcuna prova. In ogni caso, dire che le « guarigioni » siano improbabili nell’autismo non vuol dire che gli individui che vivono questa condizione non possano fare grandi progressi. In effetti quando gli interventi sono seri, essi possono rafforzare le potenzialità del bambino e renderlo più competente nella sua vita quotidiana. 2) Qual è allora il « miglior » trattamento dell’autismo e in quale misura un
bambino autistico può diventare « normale »?

Poiché l’autismo è generalmente considerato un disturbo genetico, non esiste un trattamento per l’autismo, come non esiste per la sindrome di Down (trisomia 21). Tuttavia interventi educativi appropriati possono fare molto per potenziare le competenze di base del bambino. Un programma educativo individualizzato, vale a dire adeguato alle capacità e alle difficoltà del bambino, è senza dubbio l’intervento più importante per l’autistico e la sua famiglia. Diversi sono i programmi educativi a disposizione che utilizzano una combinazione di approcci comportamentali e di sviluppo, mettendo l’accento sulla strutturazione e la previdibilità, così come sulle strategie che permettano di superare le difficoltà fondamentali della comunicazione propire dell’autismo. Il metodo TEACCH ad esempio offre ottime strategie di intervento con questi bambini, perché prende in considerazione le loro capacità e le loro particolari difficoltà. Esso combina l’approccio educativo strutturato con delle strategie comportamentali, puntando soprattutto sull’utilizzo della comunicazione non verbale per intensificare l’apprendimento. Oltre al metodo TEACCH, le ultime perizie internazionali che utilizzano i criteri della medicina « evidence-based » (fondata sui fatti) raccomandano i seguenti interventi : i programmi di intervento comportamentale (ABA, IBI, ecc.), i sistemi di sviluppo delle competenze sociali (RDI, scenari sociali, ecc.), i sistemi alternativi/aumentativi di comunicazione (PECS, ecc.), gli interveni cognitivo-comportamentali per le persone affette da sindrome di Asperger/autismo ad alto funzionamento. A queste raccomandazioni si può aggiungere, in certi casi, l’utilizzo complementare di certi farmaci psicotropi (come il risperidone, gli antidepressivi ISRS per gli adulti, ecc.), che permettono di attenuare una parte dei disturbi del comportamento legati all’autismo. Non è escluso che altri interventi (ad es. biomedici) possano portare benefici, ma a condizione che siano effettuati a complemento di strategie educative e di interventi comportamentali individualizzati. Queste misure alternative dovrebbero essere utilizzate solo nell’ambito di studi sperimentali poiché si fondano su studi metodologicamente deboli. 3) Per i bambini che soffrono di autismo in età prescolastica qual è il valore dei
test cognitivi (o d’intelligenza)?

È molto importante stabilire quale sia il livello di funzionamento cognitivo del bambino al momento della prima osservazione, perché questo permette al clinico di meglio comprendere i sintomi del bambino e anche di stabilire un programma a lui più adatto. Se il terapeuta o l’educatore specializzato operano sul bambino senza disporre di una misura empirica del suo potenziale cognitivo, facilmente il loro intervento può sfociare in frustrazione (perché il bambino non riesce a comprendere quello che gli si propone) o inficiare il programma educativo proposto (perché il bambino è in grado di fare molte più cose di quelle che si pensa sappia fare). 4) Esistono differenti livelli di autismo ? Quali trattamenti e terapie sono
proponibili per ogni caso?

In realtà esistono gradi di autismo e dei disturbi associati molto differenti. In effetti noi pensiamo all’autismo come ad un continuum. Ci sono individui che manifestano una deficienza mentale grave, altri un’intelligenza nella norma. Taluni preferiscono rimanere soli, altri cercano compagnia. Alcuni non sanno esprimersi verbalmente, altri parlano esageratamente considerando le tappe di normalità di riferimento. Caratteristica comune nell’autismo è la difficoltà di rapportarsi con gli altri, di stabilire delle relazioni e di saper sostenere una conversazione che tenga conto anche dell’altro. In moltissimi casi le variabili che sembrano preannunciare un « livello di autismo » sono il livello di intelligenza verbale e non verbale, il livello dell’eloquio (vocabolario, semantica, sintassi) e della comunicazione (capacità di trasmettere agli altri ciò che si vuole, ciò che si prova e ciò che si pensa, utilizzando dei significati verbali come il linguaggio orale e non verbale, oppure i gesti e la mimica, l’inflessione e la modulazione della voce). Pertanto il trattamento e la terapia saranno differenti in quanto si adegueranno al livello di funzionamento del bambino. In ogni caso è importante sottolineare che qualsiasi tipo di intervento dovrà tener conto del profilo individuale, delle difficoltà del bambino e dei suoi punti forti. Per poter specificare gli obiettivi che si intendono conseguire per ogni bambino e per pianificare l’intervento educativo più appropriato, è importante valutare anche i punti di forza del bambino, le sue abilità, le sue motivazioni che, insieme alle capacità cognitive, possono fornirci un quadro il più possibile realistico del bambino. In generale queste terapie includono dei programmi educativi intensivi, che pongono l’accento su esercizi nelle competenze sociali e comunicative integrando le azioni della vita quotidiana e abituando ad affrontare eventuali comportamenti suscitati da stati d’ansia, o da aggressività. 5) Qual è il parere degli esperti sulla terapia con gli animali, in particolari con i
cavalli e i delfini?

Non esistono valutazioni di questo genere di trattamenti. Per quel che riguarda le attese che suscitano, i genitori dovrebbero essere molto prudenti prima di spendere il loro denaro in questo modo. È certo che molti bambini stabiliscono una buona relazione con gli animali, e che l’esposizone a questo genere di situazioni può aiutarli in quanto parte di un programma terapeutico ed educativo più ampio. Anche se nuotare con dei delfini non cura l’autismo, l’esperienza può essere in sé molto positiva. Ma ci sono anche molti bambini che hanno paura degli animali o dell’acqua, ciò che rende negativa l’esperienza. 6) Che cosa c’è di vero sul tema delle intolleranze alimentari delle persone
autistiche, e qual è la loro importanza nella manifestazione dei sintomi? Qual è
l’efficacia dei regimi alimentari nel trattamento dell’autismo?

L’intolleranza alimentare è abbastanza diffusa fra la popolazione normodotata. Non stupisce dunque che anche le persone autistiche ne soffrano. Inoltre, se esiste un’associazione fra intolleranza e autismo, ciò non significa necessariamente che esista una relazione fra le due condizioni. Non è molto chiaro se l’intolleranza agli alimenti stia aumentando. Sarebbe necessario avere dei dati epidemiologici su dei campioni rappresentativi di bambini che soffrono di autismo per suffragare questa ipotesi, ma attualmente questi dati non esistono. Bisogna valutare con cura gli studi clinici che potrebbero sovrastimare quest’associazione. Taluni genitori hanno constatato un miglioramento nei loro figli dopo aver adottato una dieta senza glutine o senza caseina, ma sono degli episodi aneddotici che necessitano di essere corroborati da studi appropriati in doppio cieco (placebo sconosciuto sia al paziente che al medico). Non esistono studi in doppio cieco di queste diete e, in assenza di questi dati, l’ipotesi di un’associazione fra le intolleranze alimentari e l’autismo, o sull’efficacia di queste diete nell’autismo dovrebbe essere formulata con molta più prudenza. 7) Quali sono le condizioni in cui si manifestano i disturbi comportamentali
nell’autismo?

I disturbi del comportamento, ad esempio il rifiuto a compiere una determinata azione,
possono essere spesso attribuiti al fatto che all’autista si chiede di fare cose che non
rientrano nelle sue competenze e nei suoi interessi. È di fondamentale importanza chiedersi
sempre perché la persona autistica risponda in un certo modo e in seguito cercare di
intervenire sui fattori che scatenano questo comportamento.
III. Autismo e fattori genetici
1) Esiste un test genetico dell’autismo che possa confermare le sue origini
genetiche?

Al momento non esistono test genetici che siano in grado di confermare la diagnosi dell’ autismo. Una corretta diagnosi si basa esclusivamente su una valutazione dello sviluppo e sull’evidenza di anomalie qualitative. Pur essendoci una forte base genetica nell’autismo, non è ancora stato possibile identificare i geni implicati ed effettuare test genetici diretti dei bambini o dei loro genitori per mettere in chiaro i meccanismi genetici e il rischio genetico per le future gravidanze. In una piccola percentuale di casi di autismo sono state identificate delle condizioni genetiche particolari che si trovano talvolta nei testi genetici di routine. Queste condizioni sono l’X fragile, la sclerosi tuberosa di Bourneville e varie anomalie dei cromosomi che sono stati identificate in particolare nel cromosoma 15. Inoltre queste anomalie non concernono più del 10% dei bambini affetti da autismo; nel 90% dei casi di bambini autistici un’inchiesta genetica approfondita, condotta con i metodi attualmente a disposizione, porta a risultati negativi. Nel corso dei prossimi anni, quando saranno state identificato le anomalie genetiche responsabili, si sarà in grado di cercarle nei bambini affetti da questa malattia e nei loro parenti. 2) Qual è il rischio genetico che si sviluppi l’autismo nei fratelli e sorelle di
persone autistiche?

Allo stato attuale delle ricerche si stima che si possano presentare nei fratelli e sorelle di persone autistiche dei disturbi pervasivi dello sviluppo con un’incidenza del 5-8%. Se il fratello o la sorella del bambino autistico non ne soffre e non ha presentato anomalie nello sviluppo durante l’età evolutiva, è possibile che il rischio nel suo patrimonio genetico sia molto basso e corra il medesimo rischio della popolazione in generale. Tuttavia, se questo fratello o questa sorella ha avuto dei problemi di sviluppo che potrebbero rientrare in un fenotipo allargato dell’autismo o se si sposa con qualcuno che in famiglia ha avuto dei problemi dello sviluppo simili, il rischio sarà più elevato, ma attualmente è impossibile quantificarlo con precisione. IV. Integrazione scolastica e tempo libero
1) Può essere un problema per il bambino autistico l’integrazione in una classe
normale quando l’insegnante non ha una formazione in questo ambito?

L'integrazione di bambini autistici in classi normali è un’importante opportunità, ma può essere negativa per il bambino se non si accompagna a una formazione specifica degli insegnanti e dei compagni di classe. Le difficoltà dell’interazione sociale impediscono al bambino autistico di approfittare della presenza dei suoi compagni. Spesso il bambino autistico, se non viene integrato gradualmente e se non vengono utilizzate opportune strategie, rischia di avere paura, di essere imbarazzato e stressato dalla presenza dei suoi compagni. Inoltre la difficoltà di comprensione, quasi sempre presente, è spesso aggravata dalla comunicazione espressiva, in quanto impedisce di approfittare degli insegnamenti impartiti normalmente tramite la comunicazione verbale, di difficile comprensione per un allievo autistico. L’ipersensibilità ai suoni, frequente nei bambini autistici, può inoltre essere messa a dura prova in una classe « normale », solitamente rumorosa. Tuttavia non è una ragione valida per rinunciare all’opportunità di inserire il bambino autistico in una classe normale, che avverrà nel migliore dei modi se si rispettano le sue caratteristiche, le sue esigenze, il suo stile di apprendimento, e se si formano convenientemente insegnanti e compagni. 2) In quale misura l’attività sportiva o fisica è importante nella terapia
dell’autismo?

È innanzitutto importante non concentrarsi unicamente su di un solo aspetto, ma mettere in risalto i punti di forza della persona. Non tutti amano lo sport. Bisogna saper valutare se la persona ha degli interessi per l’attività sportiva e, se del caso, integrarla nel suo piano di terapia globale. Le attività, in cui può esprimersi il talento di un individuo e non il suo handicap, sono utili. È noto che l’attività motoria ha influssi benefici, in particolare le stereotipie diminuiscono e taluni comportamenti migliorano.
V. Età adulta, luogo di vita e di integrazione sociale
1) Quali sono le migliori possibilità di trattamento e di terapia per una persona
affetta da autismo?

Dare una risposta globale ad una domanda di questo genere non è mai possibile. L’autismo è un disturbo molto complesso e gli individui possono avere dei livelli di abilità molto differenti. La gravità delle loro caratteristiche autistiche è molto variabile e l’ambiente familiare come le singole personalità sono pure fattori importanti che devono essere presi in considerazione. L’accompagnamento di una persona adulta dipende molto dal livello delle sue competenze. Anche se ci sono autisti adulti che possono avere un lavoro e formare una famiglia, altri che non saranno mai totalmente autonomi. L’intervento deve basarsi su una dettagliata valutazione individuale dei tipi di sostegno da apportare. Ciò significa per alcuni dover partecipare a dei programmi specializzati in seno alle strutture residenziali, per altri dover far capo ad un aiuto per trovare e gestire un lavoro, per altri ancora usufruire di un accompagnamento appropriato per crearsi una vita indipendente, e per quelli che si sposano o che hanno dei bambini disporre di una persona di riferimento. 2) In quale misura persone autistiche non verbali, o con deboli capacità di
comprensione verbale possono acquisire delle competenze professionali?

Per fortuna ci sono molti esempi di individui affetti da autismo che, pur possedendo una capacità di comprensione e di verbalizzazione molto ridotta, riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro. Ciò è possibile se i compiti sono strutturati in maniera adeguata e se le persone dispongono di un aiuto appropriato. Ci sono molti mezzi per indicare alle persone autistiche, senza ricorrere all’uso della parola, quello che devono fare, come lo devono fare e come possono capire quando un lavoro è terminato. Il successo dei programmi specializzati di inserimento nel mondo del lavoro, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti, è stato ben documentato, anche se le il numero delle persone che usufruiscono di questi programmi è sfortunatamente limitato. 3) Non si dovrebbe fare di più per integrare nella vita quotidiana le persone
adulte affette da autismo, facendo in modo che vivano in appartamenti invece
di « confinarli » in istitutii residenziali?

Non è possibile dare indicazioni unilaterali sul modo in cui un individuo affetto da autismo debba essere trattato o sul luogo dove debba vivere. Infatti un consiglio appropriato dipende molto dalle capacità e delle difficoltà proprie di ogni individuo. È ugualmente molto importante prendere in considerazione desideri e personalità dell’individuo. Alcuni detestano vivere in una comunità isolata, altri non sopporterebbero di dover vivere in un piccolo appartamento in città. In ogni caso la maggioranza delle persone autistiche sembra desiderare uno spazio personale e un margine di libertà che consenta loro di allontanarsi dalle persone se ne sentono il bisogno impellente. Di conseguenza sembra che le strutture residenziali che offrono uno spazio individuale ragionevole siano più adeguate rispetto a strutture dove le persone non possono facilmente isolarsi nel loro angolino. Tuttavia ciò non vuole dire necessariamente vivere isolati. Certo, per la maggior parte delle persone affette da autismo è importante avere accesso al più gran numero di attività « normali ». Il miglior ambiente sembra essere quello che offre una maggiore integrazione con la collettività locale, che facilita l’inserimento nel mondo del lavoro e dei divertimenti, e nello stesso tempo che offra tutto lo spazio e tutta l’intimità che la persona autistica desidera. I servizi specializzati per le persone affette da autismo dovrebbero rispettare innanzitutto la dignità della persona e la qualità della sua vita. Ciò significa che gli ambienti non dovrebbero essere troppo grandi, per evitare una spersonalizzazione dei residenti, e che dovrebbero essere concepiti secondo il criterio della riabilitazione nell’ambito della collettività (« Community-based Rehabilitation »). Le persone adulte con autismo sono più motivati a sviluppare dei contatti umani e delle relazioni sociali: specialmente in età adulta dunque si dovrebbero sviluppare dei programmi di inserimento nella collettività, sempre rispettando le esigenze individuali. Le persone affette da autismo dovrebbero essere considerate dalla collettività non come un peso, ma come una risorsa per apprendere ad apprezzare la diversità. VI. L’autismo in Svizzera
1) In quale misura l’autismo è ufficialmente riconosciuto in Svizzera?
Quando l’autismo viene diagnosticato prima dei 5 anni, è riconosciuto come « infermità congenita » dall’Assicurazione Invalidità (AI). Così stabilisce il paragrafo 401 del capitolo XVI (Malattie mentali e ritardi gravi dello sviluppo) dell’Ordinanza del 9 dicembre 1985 sulle infermità congenite (OIC): « Psicosi primarie infantili e autismo infantile, per quanto i loro sintomi si siano manifestati prima del compimento del quinto anno di età. ». Questo riconoscimento dà diritto (fino al compimento del ventesimo anno) alle “misure mediche” di riadattamento dell’AI. Il problema è che queste misure non sono specifiche dell’autismo, ma valgono anche per altri handicap. Si tratta in particolare dei seguenti provvedimenti sanitari: ergoterapia, fisioterapia, psicoterapia (due ore alla settimana), ippoterapia (o terapia equestre) secondo il metodo Bobath. Ne consegue che i genitori dei bambini autistici non possono beneficiare in Svizzera, tramite queste misure mediche, dell’intensità e della specificità di interventi raccomandati dagli esperti internazionali. Durante il periodo prescolastico sono i servizi educativi itineranti di ogni cantone a prendersi carico dell’intervento precoce specializzato. Purtroppo questi servizi attualmente non dispongono sempre di quei mezzi che permetterebbero un intervento precoce e intensivo con bambini autistici in età prescolare. La prima vera presa a carico si fa a partire dalla scolarizzazione ufficiale. Per i bambini autistici che non sono in grado di frequentare la scuola normale, il dipartimento dell’istruzione pubblica di ogni cantone finanzia la scolarizzazione in seno alle scuole specializzate riconosciute. A ciò possono aggiungersi delle misure complementari di logopedia e di psicomotricità, pure finanziate dai cantoni. Un interveno di 6 ore settimanali può essere pure finanziato grazie a « misure di rinforzo » di pedagogia specializzata. Rari sono tuttavia in Svizzera le scuole specializzate che utilizzano gli approcci raccomandati nel caso dei DPS. La maggior parte dei bambini autistici sono mescolati con bambini affetti da altri handicap (principalmente bambini con deficienze intellettuali) e non beneficiano di un intervento pedagogico specializzato in autismo. Le rare scuole per i bambini autistici hanno delle lunghe liste d’attesa. Nel caso di persone autistiche che non hanno o hanno solo parzialmente un deficit intellettuale e i cui disturbi di comportamento sono poco importanti, un’integrazione parziale o completa in una scuola normale, può essere prospettata in base ai mezzi messi a disposizione dai cantoni. Un ostacolo importante sulla via dell’integrazione è che la scuola normale spesso non dispone di risorse pedagogiche specializzate che permettano di prendere in considerazione una tale integrazione (accompagnamento scolastico individualizzato in ambito ordinario). In età adulta la situazione è relativamente simile: sono rari gli istituti per adulti le cui strategie educative sono specificatamente adatte alle persone con autismo. 2) Quali sono le risorse a disposizione dei genitori per sostenere l’impegno
finanziario causato dall’handicap?

I genitori di bambini autistici possono far richiesta di un “assegno per grandi invalidi” presso l’agenzia AI del loro cantone. In Svizzera è considerato come grande invalido l’assicurato che ha bisogno di aiuto regolare e importante per compiere i 6 atti ordinari della vita quotidiana e che ha bisogno di cure particolarmente impegnative o di una sorveglianza personale permanente. Si tratta delle seguenti azioni: 1. alzarsi/sedersi/andare a letto 2. mangiare 3. vestirsi/svestirsi 4. curare l’igiene personale 5. andare in bagno 6. spostarsi. La cifra assegnata viene calcolata al giorno e viene versata ai genitori per finanziare le giornata che il figlio passa in istituto. L’assegno mensile varia a seconda che il bambino viva a casa o in un istituto specializzato. Dipende anche dal grado di invalidità del bambino (elevata, media o esigua). Questo assegno viene corrisposto anche nell’età adulta. I minori che hanno bisogno di cure intensive hanno diritto, oltre all’assegno grandi invalidi, a un “supplemento per cure intensive”. Si considerano cure intensive le cure che esigono, pena l’aggravamento della salute, un supplemento di aiuto di almeno quattro ore in media al giorno. Questa prestazione complementare decade al momento del raggiungimento della maggiore età. Benché queste prestazioni siano state pensate come risarcimento per i genitori di questi bambini, molti le utilizzano per finanziare interventi specifici per l’autismo. autismosvizzera/06.04.2009
Fonte: 7° Congresso internazionale di Autisme-Europ e Lisbona 2003 "Vivre avec l'autisme", sessione speciale per i genitori (domande discusse durante la sessione e scaricate dal forum sul sito Internet d’Autisme-Europe). url : http://www.autismeurope.org/portal/Default.aspx?tabid=732 (pagina consultata il 20.02.2009). Adattamento e aggiunte : Autismo Svizzera, Associazione di genitori, Friburgo (Svizzera), febbraio 2009. Per migliorarne la comprensione, la maggior parte delle domande sono state riformulate e talune espressioni modificate. Alcune domande sono state abbreviate allo scopo di mantenere gli elementi più pertinenti per questo dossier. La parte VI è stata interamente redatta da Autismo Svizzera.

Source: http://www.autismswiss.ch/files/whatis_autisme_approfondi.i.pdf

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